Il viale alberato lungo la statale che porta a Kovalam tra marzo e aprile si colora di giallo. I numerosi alberi di Cassia Fistula sono in fiore e centinaia di grappoli ocra ondeggiando sopra le vostre teste, salutandovi –se siete fortunati- con una delicata pioggia di petali che trasformano la strada in un tappeto d’oro (non per nulla la pianta è comunemente chiamata the golden shower tree, la doccia d’orata).
In India molti alberi sono sacri, tutti hanno una storia da raccontare. La più bella storia di Kanikonna, la cassia fistula, l’ho letta in un libro dell’autrice keralese Vinitha Ramchandani, intitolato Vrikhsa, Original Tree Stories and Real Tree Facts. Il libro è una raccolta dedicata agli alberi indiani, nata da una serie di laboratori che la scrittrice conduce con i bambini alla scoperta della natura. Ecco in questo post la nostra versione della storia scritta da Vinitha.
Kannee amava la natura e ne conosceva i segreti. Gli abitanti del villaggio sapevano del buon cuore della donna e del potere curativo delle sue medicazioni e non passava giorno senza che Kannee curasse un bambino ferito, un’anziana bloccata dai reumatismi o un intestino in disordine. Sfamava le figlie con quanto cresceva nel piccolo orto e ogni verdura, spezia, erba raccolta che non avanzava era venduta al mercato per comprare cibo e oro.
Kannee voleva che le sue bambine crescessero sane e belle. Come ogni altra mamma indiana, sognava di vederle arrivare al matrimonio con indosso collane, braccialetti e orecchini d’oro. E per questo sogno la donna lavorava assiduamente ogni giorno.
I gioielli che aveva acquistato nel corso degli anni, li custodiva segretamente in un bauletto nascosto nella capanna e il rimirarli le riempiva il cuore di gioia.
Un mendicante bussò una notte alla sua porta. Al primo sguardo Kannee capì che il pover uomo aveva bisogno di cure per la gamba ferita e di cibo per lo stomaco vuoto.
Senza dire nulla la donna fece entrare l’uomo, gli preparò del riso con verdure e pestò delle erbe per curarlo.
Come finì di mangiare lo sconosciuto bisbigliò “Ho fame”.
Kannee raccolse dei fagioli dall’orto e fece bollire altro riso, ma di nuovo l’uomo disse “Ho fame”e una nuova ferita comparve sulla spalla destra.
La donna si avventurò nella foresta che ormai albeggiava e tornò con delle radici e delle bacche. Le fece cuocere con l’ultima manciata di riso in cucina. Ma la fame e le ferite del mendicante non finirono.
Kannee prese allora il baule con l’oro delle figlie, ne estrasse un braccialetto e uscì dicendo “Non ho altro che l’oro di questa scatola che ho risparmiato per le mie figlie, vado a venderne un po’ per comprare del cibo”.
Quando tornò la porta era aperta. Kannee si precipitò verso il bauletto con un terrore soffocante che le stringeva la gola e lo aprì. Il cuore si fermò per un istante –l’oro era sparito. Perduto.
Con la disperazione nell’anima Kannee si voltò verso la porta per cercare tracce del mendicante. Allora vide un essere raggiante dalla pelle blu e un sorriso rasserenante che la guardava con tenerezza. Era il dio Krishna, che nelle sembianze del mendicante aveva messo alla prova la sua generosità. Il dio indossava l’oro che Kannee aveva comprato per le figlie.
Al buon cuore della donna Krishna dedicò l’albero chiamato kannikonna e ogni anno, in occasione della festa di Vishu (il primo giorno dell’anno del calendario keralese), riceve i fiori della pianta come fossero preziosi gioielli d’oro, dal valore inestimabile.
Crediti
Foto di Mauro Guanandi
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