Gruppo Zenit è stata una fra le prime aziende italiane di Information Technology a collaborare quotidianamente con l'avanguardia tecnologica del subcontinente indiano. Da questo rapporto è nato un magazine dedicato a chi vuole orientarsi fra gli usi e i costumi di un Paese ricco di storia e di cultura, di contraddizioni e di opportunità di sviluppo e dove tutto, dal passato al futuro, è sempre presente. Un Paese da scoprire visitandolo, lavorandoci o anche soltanto leggendo le storie e i suggerimenti che abbiamo raggruppato per voi in sei categorie che faciliteranno la ricerca e la consultazione:

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Cultura

Kutiyattam: il passato al tempo presente

Con una macchina fotografica a uno spettacolo del teatro più vecchio del mondo.

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La settimana scorsa il passato dell’India ha bussato alle mie porte. Lo ha fatto nella persona di Melinda Fodor , ricercatrice di teatro nelle lingue dell’India antica, autrice anche delle foto che vedete in questo post.
Ho trascorso grazie a lei una mattina all’interno dell’Oriental Manuscript Library (che avevamo già visitato per il post Citraramayana) a osservare opere teatrali centenarie trascritte su foglie di palma, e una serata al centro teatrale Margi, in Trivandrum, ad ammirare uno spettacolo di Kutiyattam (anche scritto Koodiyattam).

Il teatro Kutiyattam è un pezzo di storia dell’India classica coniugato al tempo presente. Esistono diversi testi di drammaturgia antica e opere teatrali classiche, ma le varie tradizioni sceniche sono scomparse: il Kutiyattam è l’unico superstite, anche se differisce notevolmente dalle descrizioni dei testi antichi questa forma di teatro è la sola tradizione classica che continua a vivere.

Il Kutiyattam è stato per secoli –si dice sia nato duemila anni fa’- tramandato e inscenato gelosamente da una ristretta cerchia di persone all’interno dei templi del Kerala. La sua natura elitaria ha reso possibile la trasmissione fedele dei saperi scenici da generazione a generazione, la sua valenza rituale ne ha garantito la sopravvivenza.
Dal 1949 il Kutiyattam è uscito dal tempio e solo dal 1965 ha aperto le porte ad artisti di qualsiasi origine.

Nonostante l’apertura, il pubblico del Kutiyattam continua ad essere esiguo, composto da appassionati, artisti, ricercatori, fotografi e curiosi. Seguire uno spettacolo non è facile: lo stile di recitazione è altamente stilizzato, i tempi rallentati, la poetica codificata.
Non si va a teatro per vedere cosa succede, per le azioni, bensì per ammirare l’abilità con cui attori e musicisti rendono viva la poesia e la drammaticità di un testo conosciuto.
 
Il Kutiyattam espande ogni movimento, idea ed emozione fino al suo massimo potenziale.
Solo chi ne conosce i codici e le convenzioni può apprezzare l’arte pienamente – un gentile signore che provò a introdurmi alla forma tempo fa mi disse che solo dopo una trentina di spettacoli si comincia ad amare davvero il Kutityattam. Ma chiunque rimane incantato dal ritmo delle percussioni, dall’abilità mimica degli attori e dalla sinergia che si crea tra gli artisti sul palco.
 

La peculiarità del Kuttiyatam è la ricercatezza delle espressioni facciali, che esplorano in profondità ogni singola emozione rendendola in una miriade di sfumature. Dopo anni di pratica gli attori sono capaci di controllare ogni muscolo del volto, cambiare la forma delle guance, muovere gli occhi in tutte le direzioni senza battere ciglia. Gli occhi sono il canale preferenziale per la comunicazione.

In questo post abbiamo provato a catturare alcune delle espressioni dell’attore di Kutiyattam grazie alle foto di Melinda. La storia rappresentata è una piccola porzione del Mahabharata in cui Bhima è nella foresta per raccogliere fiori per la moglie e incontra una serie di animali selvatici.

 

L'attore

 

I musicisti

 

 

Le espressioni

 

 

 

 

 


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