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250. Si fa presto a dire Pashmina!

diverse sciarpe colorate di pashmina, riposte verticalmente e la scritta centrale Pashmina

A chi non piace la pashmina? Sembra quasi impossibile sopravvivere all’inverno senza avere avvolta attorno al collo una morbida sciarpa di pashmina- per il caldo che tiene, per la morbida carezza sulla pelle e per il tocco di moda. Come indossare la pashmina è modo per esprimere il proprio stile (se siete a corto di idee guardate questo video).
Le sciarpe di pashmina si trovano ovunque e ai prezzi più disparati. In India non esiste località turistica senza un commerciante kashmiriano (solitamente almeno 4 contemporaneamente) che vi inviti a curiosare nella sua bottega e vi mostra un vasto assortimento di pashmine.  Si sa, gli indiani –soprattutto quelli del Kashmir- hanno il commercio nel sangue e come potrebbero lasciarsi scappare l’occasione? Dalla fine degli anni novanta a oggi, non mi è mai successo di incontrare turisti in viaggio che non esprimano il desiderio di comprare una pashmina, per se stessi o da regalare.


Ma cos’è la pashmina? Oggi indica generalmente una sciarpa o uno scialle di lana morbida. In realtà la pashmina è una qualità di lana sottile –fino a 5 volte più sottile di un capello umano- un tipo di lana cashmere  (l’etichetta di una sciarpa di pashmina di buona qualità  dovrebbe indicare 70% cashmere e 30% seta). Si ottiene dal pelo interno, quello più tenero delle capre che pascolano nelle alte valli himalayane ad altitudini superiori ai 4500 m e temperature rigidissime (interi mesi a -35°C). 


Sono stati i tibetani –si dice da oltre tremila anni- a sfruttare il pelo che le capre perdono in primavera per intessere scialli caldi con cui avvolgersi nelle dure migrazioni stagionali. Ma la bellezza non passa inosservata e già nel XIV sec. un re del Kashmir monopolizzò la produzione della pashmina e a venderla nelle migliori corti reali (i moghul la adoravano, la regina di Francia Maria Antonietta ne aveva una collezione e persino Napoleone ne volle una da regalare alla amata!). Furono gli iraniani a darle il nome: dalla parola persiana per lana, all’hindi pashm.  
Con i cambiamenti economici e sociali la pashmina ha attraversato un periodo di stasi, per poi ritornare prepotentemente alla ribalta con la crescita del turismo in India e la diffusione della moda nel nuovo millennio.
La domanda e la prospettiva di migliori guadagni ha spinto molti pastori nomadi del Ladhak (Kashmir) ad abbandonare il pascolo di pecore e yak, favorendo unicamente quello delle capre –con importanti ripercussioni sul fragile ecosistema. Il pelo è normalmente acquistato da intermediari che lo rivendono ai tessitori delle vallate del Kashmir. Intere famiglie sono coinvolte nel giro di affari. 


Però non tutto sta andando bene. La competizione è spietata: in Mongolia ci sono produzioni estese di pashmina di alta qualità, grazie all’impreditoria cinese e, non essendoci una denominazione controllata per la pashmina,  commercianti vendono a prezzi molto contenuti “pashmine” che al posto del cashmere hanno viscosa o lana di qualità inferiore. Come se ciò non bastasse nell’ultimo inverno, a causa dell’innalzamento delle temperature,  ci sono state nevicate straordinarie e molte povere caprette sono morte di malattia o fame, non trovando radici di cui nutrirsi. Il prezzo della lana è salito alle stelle (circa 180 euro al chilo), molti produttori di scialli non potranno quest’anno acquistarla e qualcuno ha già optato per la semplice lana (con notevoli riduzioni di entrate). 


Non spaventatevi se al prossimo viaggio  in India vi chiederanno un prezzo incredibile per la bellissima pashmina che vi ha fatto innamorare. Se siete sicuri della qualità (la saggezza popolare sostiene che se uno scialle da uomo passa senza eistazioni all’interno di un anello da anulare allora è vera pashmina), state pagando il prezzo della moda, degli stravolgimenti ambientali e mantenendo viva la tradizione centenaria di pastori e tessitori.

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