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240. Guerra alla fame stagionale

una manciata di chicchi di cereali e la scritta: la banca del grano

Il cinque giugno è stata la giornata mondiale dell’ambiente e il tema è stato Think.Eat.Save (Pensa.Mangia.Risparmia), per incoraggiare la gente a mangiare con la testa, senza dimenticarsi di chi non sempre ha cibo nello stomaco.
La fame è una realtà in India (per circa un quarto della popolazione) e nelle settimane passate giornali e riviste ne hanno discusso, svelando numeri, problemi e soluzioni adottate per combattere la crisi. Una di successo, anche se in piccola scala, è la Banca del grano (Grain Bank).

Paradossalmente l’India è una nazione che produce più cereali del fabbisogno interno, esporta riso e grano, ma patisce la fame –più dello Sri Lanka, Pakistan e Nepal secondo l’International Food Policy Research Institute.  
Per far fronte alla situazione nel 1996 è stato lanciato il progetto Village Grain Bank. Le banche sono un’assicurazione contro la fame nel caso di siccità o altre calamità naturali in aree dove le risorse alimentari sono scarse –regioni desertiche, villaggi in alta quota, aree tribali e zone difficilmente raggiungibili.
Le banche dei cereali non funzionano come una normale banca, ma non ci sono soldi: a circolare sono i cereali (soprattutto riso, grano e grano saraceno). Per chi vive da sempre in balia degli agenti atmosferici e della prepotenza degli usurai, una cinquantina di chili di riso può significare vita o morte. A beneficiare del prestito sono i più poveri tra i poveri, i dalit (un tempo detti fuoricasta) che si impegnano a restituire la quantità prelevata con un interesse del 25% alla fine della stagione critica. Tuttavia gli interessi non sono riscossi se il debitore è una vedova sotto il livello di povertà o un disabile.


A istituire le banche sono i locali stessi –quasi sempre le donne del villaggio- organizzati in gruppi di muto-soccorso con l’aiuto di organizzazioni non governative o unità amministrative locali. 40-50 famiglie possono fondare una banca contribuendo con una quantità minima di cereali (solitamente tra 5 e 10 kg), godendo di un finanziamento statale.
Nel momento del bisogno coloro che sono sotto la soglia di povertà possono richiedere fino a 50 kg di cereali in prestito, evitando così di ricorrere a un usuraio e indebitarsi per generazioni e dover lavorare per poche rupie al giorno, magari lasciando il villaggio natale, per ripagare il debito.
Inoltre la creazione delle banche stimola un forte senso di comunione, solidarietà, responsabilità sociale e promuove l’emancipazione femminile. Sono infatti quasi sempre le donne, le stesse che si occupano di sfamare e cucinare per la famiglia, ad amministrare le banche dei cereali. Con un maggior ruolo sociale le donne acquisiscono maggior sicurezza e molte frequentano classi serali per imparare a leggere e scrivere. La diversificazione dei cereali depositati contribuisce anche alla conservazione delle semenze locali.
Nei paesi dove sono attive le banche il cambiamento è stato visibile. In alcuni casi il surplus di cereali ha permesso di aiutare i villaggi vicini in difficoltà o generare entrate da reinvestire nella comunità (impianti di irrigazione, depurazione acqua, scuole…). 


Sembra quasi incredibile: una semplice idea e pochissime risorse finanziarie (l’investimento per ogni famiglia si aggira attorno ai 6 euro) possono rivoluzionare il destino di un villaggio e accendere la speranza per il futuro. Non sarà la soluzione del problema per tutti, su larga scala, ma per qualcuno la banca dei cereali fa la differenza.

Crediti

Chicchi di cereali di Veganbaking.net

Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic License.

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