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256. La Furia della Dea

illustrazione: su sfondo arancione due occhi adirati di una divinità femminile

"Ottocento anni fa vi fu una terribile alluvione e il fiume Alaknanda distrusse un tempio in cui abitava la dea Dhari. L’idolo della dea discese lungo la corrente e si incastonò tra due rocce in prossimità di un piccolo villaggio. Gli abitanti udirono il lamento della dea e sistemarono  la statua sacra su  una piccola isola. Da allora Dhari Devi veglia sulle vallate e sul circuito del Char Dham".
Vegliava, si dice ora: il 16 giugno l’idolo della dea è stato rimosso dalla sua piattaforma sull’isola per essere trasferito in un nuovo tempio più in alto sulla riva, a causa dell’ingrossamento del fiume e per sgomberare gli impedimenti a una centrale idroelettrica in cantiere da diversi anni. Il trasloco, dicono i giornali e credono molti nella valle, ha risvegliato l’ira della dea, una manifestazione della distruttrice Kali, e sarebbe la causa della tragica alluvione dell’Uttarakhand (testimoni dicono che non appena la statua è stata rimossa il cielo si sia oscurato e sia scoppiato il nubifragio).


Se si crede al mito la furia della dea si è scatenata contro un demone, perpetuo nemico capace di prendere infinite forme –in questo caso gli uomini e il loro cemento. Per i più razionali è stata la natura a rivoltarsi contro le malefatte umane: deforestazione, edifici costruiti sul letto dei fiumi, strade che tagliano pendii e sono percorsi da un numero troppo elevato di veicoli, centrali idroelettriche con dighe e tunnel (per un approfondimento si legga India - L'origine antropica del disastro dell'Uttarakhand).
L’Himalaya è una catena montuosa giovane, dal precario ecosistema e prona a alluvioni, terremoti, frane e smottamenti. La tragedia di questi giorni non era prevedibile, ma sicuramente l’altro numero di morti è responsabilità umana. Una scarsa attenzione alla sicurezza e all’ambiente, in favore dello sfruttamento delle risorse naturali e religiose.


Lo sfruttamento selvaggio non è fenomeno nuovo per le montagne dell’Uttarakhand, da anni mira di appaltatori e speculatori. Negli anni ’70 uno dei primi gruppi ambientali dell’India diede vita al movimento Chipko, capeggiato dalle donne della valle che abbracciavano gli alberi per evitarne l’abbattimento (ne parla Vandana Shiva in questa intervista).

La fede degli hindu non è diminuita dai recenti avvenimenti: la leggenda dell’ira di Dhari Devi offre una chiave di lettura del mondo del tutto indiana- così come le immagini del tempio di Shiva a Kedarnath rimasto intatto tra una valanga di macerie .
Sarebbe bello se la forza dei miti creasse maggior rispetto per la natura. Ma sembra che la sete di energia e denaro sia per ora più forte (non solo da queste parti del mondo). Altrimenti come potrebbe il fiume più sacro dell’India, che nasce proprio in Uttarakhand, essere uno dei più inquinati al mondo?



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