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518. Si racconta a Shivaratri...

LINGODBHAVA

Oggi, martedì 17 febbraio è Mahashivaratri. In India dietro ogni festa, sotto ogni pietra, c’è un storia da raccontare. Questo è uno dei miti di Shiva che si racconta per la Shivaratri.

La storia è andata pressappoco così

C’era un’oscurità totale, come quando nel cielo non ci sono la luna e le stelle e per qualche istante non percepisci lo spazio e ti senti smarrito.


Il dio Vishnu sull’oceano dell’oscurità primordiale fluttuava da sempre, senza disorientarsi mai.


Meno avvezzo al buio – e con qualche difficoltà ad accettare il vuoto assoluto- era invece il dio Brahma, che per non sentirsi sperso e dare una forma alla realtà aveva creato il mondo (con tutte le sue creature di ogni specie e natura).


In comune i due Dei avevano l’abitudine alla solitudine.
Un giorno però si incontrarono.


Brahma vide in lontananza Vishnu sdraiato sulle onde dell’oceano oscuro. Dapprima pensò che si trattasse di una sua creazione, eppure non ricordava di avere dato origine a un essere così perfetto e immenso. Inghiottito lo stupore -ma non l’orgoglio- il dio della creazione fu pronto a concedere che non tutto al mondo fosse opera sua.
Vishnu rimase imperturbato nel vedere Brahma avvicinarsi, benché fosse alquanto inusuale la presenza di un’altra creatura luminosa. La luce della propria consapevolezza gli illuminava i pensieri, non temeva e non invidiava nessuno.
Tuttavia Brahma lo innervosì.

Tutto incominciò con l’irritante domanda “Tu chi sei? Chi ti ha creato?”.

L’ignoranza si controbatte con la conoscenza, non con la rabbia, Vishnu lo sapeva e sulle prime non perse la pazienza. Ma Brahma era così borioso, così sicuro della propria grandezza quando affermò di essere il dio sommo foggiatore dell’universo, che Vishnu si ritrovò ad alzare la voce, a dibattere animatamente per dimostrare la propria superiorità.


Le due divinità se ne stavano così a litigare, quando all’improvviso – in un momento repentino- sbucò dal basso un’enorme colonna di fuoco che –nello stesso momento repentino- si allungò a perdita d’occhio verso l’alto. Successe tutto così in fretta che gli dei non riuscivano a ricordare di avere visto l’inizio della colonna.
Lo sbigottimento bloccò la discussione. Vishnu guardò la colonna e poi Brahma, Brahma osservò la colonna e poi tornò a fissare l’antagonista. Ecco come risolvere la questione: Vishnu, nelle sembianze di un cinghiale, sarebbe disceso in profondità a cercare l’estremità della colonna di fuoco; Brahma, trasformato in un’oca selvatica, sarebbe volato verso l’alto. Il primo a vedere l’inizio o la fine del pilastro sarebbe stato riconosciuto dio supremo. 


Così fu. Solo che le cose non vanno mai nella direzione prevista –persino per gli dei celesti. Dopo giorni e mesi e anni di salita per Brahma e discesa per Vishnu, ancora delle estremità della colonna di fuoco nessuna traccia.
Fu allora che un piccolo fiore cambiò il corso della storia. Era un fiore di Ketaki offerto agli dei nelle preghiere. Fu forse la noia di cadere all’infinito, o forse fu la voglia di darsi un tono, il piccolo fiore mentì quando Brahma gli chiese da dove venisse: “Dalla cima della colonna, cado dalla estremità superiore”. Dunque esisteva una fine della colonna infuocata!


Un’idea truffaldina balenò nella mente del dio Brahma e rieccheggiò nello spazio rarefatto dell’infinita oscurità “Sono arrivato in cima, sono io il dio supremo!”


Vishnu udì il grido di vittoria e si arrestò. In quel preciso momento nella colonna di fuoco si aprì una fessura e all’interno apparve un dio immenso, con i capelli incolti e un terzo occhio sulla fronte. Era il grande Shiva. Brahma e Vishnu si prostrarono ai suoi piedi, i lunghi giorni di ricerca delle estremità della colonna avevano smorzato il loro ego, ogni confronto era fuori discussione.
Shiva sorrise benevolo a Vishnu, poi rivolse uno sguardo di rimprovero a Brahma, così accecato dal proprio potere creativo da credere alle parole di un fiore ed essere pronto a mentire per continuare a vivere nell’illusione della propria grandezza. Indegno. Shiva incenerì il piccolo fiore bugiardo – e nessuno dei successori del fiore venne più usato per le funzioni sacre- e maledisse il dio Brahma a scomparire nell’oblio con l’andare delle ere- infatti oggi ci sono solo un paio di templi dedicati al dio della creazione.

Così fu che Super-Shiva apparve nella forma assoluta del Lingam (una controtendenza nel pantheon degli dei hindu che prediligono le manifestazioni antropomorfe): era la prima apparizione del Lingam e questo mito si chiama Lingodbhava –l’origine del lingam.

 


La storia andò pressappoco così secondo i Purana, con piccoli cambiamenti-aggiustamenti-adattamenti di cui ci auguriamo nessuno ne abbia a male.

Non si sa che anno corresse quando Shiva apparve come Lingodbhava per porre fine alla lite tra Brahma e Vishnu, ma era il quattordicesimo giorno nella metà oscura del mese di Phalguna. Da allora la data è una ricorrenza speciale, in cui tutta l’India celebra Shiva nella festa di Mahashivaratri, la grande notte di Shiva.

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