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211. La prelibata Esca del Mar Arabico

una piccola barca rovescita azzurra: l'insegna del ristorante Bait

Ci sono dei momenti nella vita in cui farsi dei regali premia più del previsto e sarebbe criminale non concederseli. Un regalo per ricaricarsi dopo lunghe ore di lavoro a fianco di concilianti persone che parlano inglese come voi, eppure la comunicazione incespica. O per premiare la vostra decisione di staccare, avere comprato un biglietto ed essere, finalmente, dall’altra parte del mondo.
Un pranzo o una cena –meglio una cena se vi sentite in vena di romanticismo- al ristorante Bait di Kovalam, vicino a Trivandrum è un’indimenticabile coccola per il palato, gli occhi e il cuore, un’esperienza che non ha bisogno di giustificazioni, fortunatamente nemmeno a conto pagato, e che quando sarà ricordo vi lascerà un sapore tenero di pesce in bocca e un desiderio di ritorno (...non per nulla si chiama Bait, l’Esca).

 

La poesia inizia sul sentiero da percorrere per raggiungere il Bait, scostato dalle spiagge turistiche e dalle strade trafficate. Un sentiero tra il verde del giardino dell’Hotel Vivanta by Taj, di cui fa parte il ristorante, vi fa passeggiare tra una laguna addormentata e le onde burrascose dell’oceano.
Il Bait vi accoglie su una piattaforma di assi consunte, un tempo delle rotaie del treno. Il tetto di paglia, le tipiche stuoie intrecciate a mano dei pescatori locali, i tavoli di legno: tutto mantiene un accogliente e curato stile rustico per farvi immediatamente rilassare.

 

Il ristorante Bait parla di mare e acqua, si lascia attraversare dalla brezza e rimane aperto anche nei mesi dei monsoni più irruenti, al sicuro sulle palafitte che lo sollevano dalla sabbia.

 

Il gioviale personale di sala vi accoglie con una bibita di benvenuto –un tenero cocco o un bicchiere di rasam, una bevanda calda e speziata dalle qualità digestive- e per tutto il pasto vi fanno il più possibile godere l’esperienza in piena privacy (meglio comunque prenotare, in caso di affollamento potreste faticare a trovare un posto e ricevere meno attenzione del normale).

 

Che pace! Sorseggiare l’aperitivo, quello offerto o qualcosa di più alcolico, su sedie di legno e bambù, osservando il lento scorrere del fiume lagunare che separa il limbo di terra e sabbia dalla collina ricoperta di palme- tipico paesaggio della costa keralese.

 

Vorrei sempre avere un posto vista mare quando vado a un ristorante vicino alla spiaggia. Il Bait mi ha offerto tavoli sulla sabbia, da cui ammirare il sole che si tuffa nelle onde e fare volare lontani, oltre il mare Arabico, i pensieri. La sera lampade tenui e i lampioni aggiungono carisma all’atmosfera già speciale.

 

Tra i 120 posti del ristorante ce ne sono anche per chi ama stare vicino al bancone del bar, magari per un veloce aperitivo su sgabelli ricavati da grossi tronchi di legno.

 

Lo stile del ristorante si rispecchia nella sobrietà armonica e accuratezza dei dettagli di ogni tavolo, di ogni sedia, appositamente disegnati dall’architetto Vinod Mathew, ideatore del Bait.

 

Immersi sì nella bellezza del posto, ma certamente a rendere speciale il Bait è il cibo! Il menù del ristorante è studiato dallo Chef per deliziare i palati di occidentali, spesso poco inclini ai cibi speziati, e degli indiani. La specialità del Bait è il pesce, freschissimo, portato in cucina ogni mattina direttamente dai pescatori che arrivano dal mare.
I vegetariani non si scoraggino, abbondano verdure e la pizza, sottile, croccante e cotta nel forno a legna (solo fino alle 7 di sera), è in assoluto la migliore che potrete assaggiare in miglia e miglia.

 

L’artista delle delizie che ho mangiato con gusto è lo Chef Saju Antony. Ottimo cuoco e capitano di cucina, Saju sceglie personalmente il pesce da cucinare, preferendo cancellare una pietanza che scendere a compromessi con la qualità della materia prima. Una lezione che ha sperimentato negli anni di lavoro in Portogallo. Ai maestri italiani deve, afferma, il gusto per i sapori semplici e puri, tipici della cucina mediterranea. Alla sua terra, il Kerala, il piacere di bilanciare i diversi gusti. Non è uno chef supponente, e se avrete commenti e consigli da suggerirgli (viene direttamente al vostro tavolo per accertarsi che siate soddisfatti), si adoprerà per non deludervi e sono certa che il menù della prossima stagione ne porterà memoria.

 

La specialità dello Chef: l’aragosta on the rock (lobster), sbollentata, condita con olio di oliva e quindi appoggiata su una lastra di pietra riscaldata a 450°, con contorno di verdure saltate. Servita fumante. I crostacei on the rock mantengono vivo il sapore e la freschezza del mare, con un lieve aroma a coronare la cottura e nulla più, come ci si aspetta da un ristorante di mare in Italia.

 

Keralese è il dentice atlantico stufato (baked baby snapper) servito su tavolette di legno di mango o tamarindo che ne amalgamano i sapori. La ricetta indiana prevede un bagno in salsa speziata (a voi la scelta del livello di piccante).
I piatti, di carne-di pesce-di verdure, sono sorprendentemente abbondanti, ordinate progressivamente e lasciate spazio per l’ottimo kulfi, gelato indiano, come dessert.

 

La cucina è un aromatico cappello magico (sa di pepe, spezie, fumo di legno…), da cui escono, grazie allo chef Saju e i suoi aiutanti, prelibatezze decorate con gusto.

 

Il Bait è il miglior risorante di pesce di Trivandrum, cibo delizioso e abbondante, servizio attento e discreto, vino decoroso. A concludere in bellezza una barca a remi mi fa scivolare sull’acqua dove curiose tartarughe si nascondono al nostro passaggio. L’Esca mi è piaciuta, perché non tornare?

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