Iniziata il 6 marzo, si è conclusa nella megalopoli indiana di Mumbai dopo una settimana la lunga marcia dei contadini e degli abitanti delle zone rurali della regione del Maharashtra.

Si stima abbiano partecipato più di 50.000 persone, anche se qualcuno afferma siano stati molti di più, fra donne, uomini e bambini. Hanno marciato per circa 180 km per sei giorni, sotto il sole cocente e dormendo accampati all’aperto. A piedi nudi!

Molti partecipanti, sopratutto i più piccoli, sono giunti alla fine di questa estenuante manifestazione di protesta disidratati.

Per cosa hanno protestato queste persone?

Convocati da Akhil Bharatiya Kisan Sabha, cioè il collettivo di contadini affiliato al Partito comunista indiano, i manifestanti e le loro famiglie lamentano le gravose condizioni di lavoro e la bassa remunerazione dei loro prodotti. Al governo locale, che ha accettato di incontrare una delegazione, chiedono l’estinzione dei debiti agricoli, già promessa lo scorso anno ma mai mantenuta. I partecipanti hanno inoltre domandato di essere pagati almeno una volta e mezzo rispetto al prezzo del raccolto e che la proprietà dei terreni coltivati nelle foreste passi agli agricoltori tribali.

Queste richieste sono conseguenza di un’altra drammatica questione che affligge il mondo rurale indiano: l’elevato tasso di suicidi tra gli agricoltori che non riescono a ripagare i prestiti richiesti. Negli ultimi mesi i numeri di questo dramma sociale sono in aumento, sopratutto dopo la scelta di demonetizzare la rupia, annunciata l'8 novembre 2016 dal primo ministro Narendra Modi, che ha reso la valuta indiana "carta straccia" nel corso di una notte.

Per approfondire:
- Radio Blackout

- Repubblica